mercoledì 23 febbraio 2011

LA CUCINIERA GENOVESE DI GIOBATTA RATTO




Giobatta Ratto è l’apprezzato autore de “La cuciniera genovese. La vera maniera di cucinare alla genovese” (1863), edita dai celebri fratelli Pagano forse come strenna di Natale, un forziere di carta contenente 481 ricette. Il pubblico lo pagava una lira e sessanta, oppure quattro per la versione di lusso. Prima non v’era stato altro, se non i meticolosi versi in dialetto di Martin Piaggio (o scio Reginn-a) dedicati ai principali piatti della patria, versi che però non menzionavano né il cappon magro né – udite udite – il pesto. Nella “Cuciniera” il nome del compilatore, Giobatta Ratto, comparve in realtà solo alla terza edizione, e quello del figlio Giovanni alla successiva (Giovanni si specializzò poi in stampe ed editoria musicale). Di costoro non si sa granché, ma verosimilmente furono persone formate e benestanti, il saggio gastronomico rimastoci conferma il loro meritorio tentativo di porre finalmente a sistema una materia “local” nient’affatto semplice. Finalmente in quanto altrove il Romanticismo di fine ‘700, celebrando le nazioni, aveva già sortito frutti che oggi, meno acerbamente, chiameremmo etno-gastronomici. Tuttora, come noto, la cucina italiana si configura in realtà come un insieme di straordinari background regionali, di campanili fieri… E finalmente anche in quanto i cuochi si limitavano a tramandare oralmente e ruvidamente quanto avevano imparato a propria volta dall’apprendistato esperienziale. Poiché, due anni dopo il Ratto, uscì in Toscana (poi a Milano per le edizioni Bietti), a firma di Emanuele Rossi “La vera cuciniera genovese facile ed economica ossia maniera di preparare e cuocere ogni genere di vivande”, la querelle fra le due pubblicazioni s’accese immediata e intensa. Chi parteggiava per il Ratto dava del contraffattore al Rossi. In entrambi i titoli, peraltro, ricorre l’aggettivo “vera”, circolavano dunque cuciniere inaffidabili? Nel 1910, comunque, dei due ricettari compose una sintesi Emerico Romano Calvetti, “La cucina popolare genovese”, una sforbiciata meritoria visto l’eccesso di proposte - soprattutto nella raccolta del Rossi, carica di 654 ricette - , che oramai, inseguendo l’internazionalità, rischiavano di “tradire” la natura mediterranea e parsimoniosa della cucina di Genova (porto emporio) e degli altri territori ad essa limitrofi. Una cucina che via via mixò ingredienti base e apporti “concettuali” di diversa provenienza, ma conservò un’identità nitida e salubre, l’olio, le farinate, la mes-ciùa, il pan cotto, la caponadda, il pesce “povero”, il quinto quarto, le formaggette ovine, il castagnaccio, i biscotti secchi. Qualche volta il coniglio e l’agnello più che la carne rossa. Dalle Crociate in poi, l’import di frutta secca, spezie, zucchero ecc. consentì una maggior fantasia, sempre assai sagace. Ma, nell’essenza, niente a che vedere, malgrado tutto, con gli estri dei principali chef di corte, che a gara strabiliavano i convitati. Se Emanuele Rossi si mostra più un intellettuale genericamente prestato ai fornelli, Giobatta Ratto, da esperto di settore, completa viceversa il proprio ricettario con 6 capitoletti dedicati ai requisiti della buona cuoca, ai consigli per approvvigionarsi, alla manipolazione e cottura dei cibi, al modo di preparare e conservare carni ecc., alla stagionalità dei pesci acquistabili sul mercato di Genova nonché al conseguente modo di cucinarli. Inscrive cioè la propria “Cuciniera” in quel filone di ricettari che – dall’età apiciana e poi medievale/rinascimentale – non solo istruiscono circa l’esecuzione dei piatti, ma anche circa la selezione, la lavorazione e la “manutenzione” dei diversi alimenti, riservando adesso grande attenzione al vano cucina e agli utensili (i progressi dell’agricoltura facevano giungere in città – metropoli “patrizia” e aperta - idonee quantità di ottimi prodotti, ormai anche le patate e i pomodori). Ma Ratto realizza un abecedario tanto più importante quanto più, a fine ‘800, chef, brigate e quant’altri non disponevano ancora di tutte quelle attrezzature oggi indispensabili all’igiene e sicurezza e… date per scontate. Chiudeva il compendio un glossarietto dei termini dialettali a cura dell’autorevole Giovanni Casaccia, cui dobbiamo un monumento sotto forma di dizionario italiano-genovese. Chi voglia approfondire la visione del mondo di Ratto prenda in primis l’emblematica ricetta dei ravioli, che grazie ai vegetali nella farcia si differenzia immensamente da quella piemontese e da tanti altri tortelli, e sviluppa profumi ineguagliati. Profumi della Liguria, e basta la parola...


Umberto Curti, Ligucibario & Liguvinario

mercoledì 16 febbraio 2011

Focaccia genovese



Ricetta casalinga per una teglia (lama) da 6-8 persone1 kg di farina 00 rinforzata (20% farina speciale), 50 grammi di olio extravergine (mai lo strutto!), altri 100 grammi di evo per irrorare l’impasto una volta disteso nella teglia, 20 grammi d’estratto di malto (che darà colore), 20 grammi di sale fino, 35 grammi di lievito di birra, mezzo litro abbondante d’acqua.

PreparazioneLa ricetta comporta un’assai lunga preparazione (occhio alle temperature e all’umidità!). S’impastano armoniosamente i vari ingredienti escluso il sale (una macchina a forcella richiederebbe 30 minuti, a spirale 15). L’impasto deve immediatamente lievitare per un’ora, possibilmente su ripiano di legno e in luogo umido e chiuso, e poi – pezzato per la teglia – per altri 20 minuti. Divenuto elastico, è delicatamente stirato, senza pressarlo, dentro la teglia, prima di ricevere i conclusivi acqua (una spruzzatina), olio (100 grammi), sale q.b. e colpi di dita. I colpi di dita creano alveoli superficiali, ombelichi piacevoli a vedersi, dove si deposita l’olio, attenzione a non bucare la pasta... L’impasto riposerà infine altre 2-3 ore, ove possibile in cella a 40° e umidità 85%. Cottura ben viva, 20 minuti a 220°. Il miglior partner della focaccia genovese è un Vermentino (vino presente in molte aree mediterranee e addirittura in 4 DOC liguri), proposto a 10-11° in calici a stelo alto.

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della focaccia li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 15 febbraio 2011

Frisceu di baccalà (frittelle)


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)Mezzo kg di baccalà già ammollato per 48 ore (ogni tanto cambiando l’acqua), 150 g di farina '00', olio extravergine, sale q.b. (con moderazione)

Preparazione (tempo circa 45 minuti)Il pesce (è merluzzo bianco gadus morhua sotto sale*) va desquamato e diliscato, poi spezzettato a mo’ di scaloppine regolari di circa 5 cm di lato. Si realizza intanto una pastella – morbida, che lo avvolga - con farina, acqua intiepidita (con un po’ di vino bianco secco), una cucchiaiata d’olio e una presina di sale, e dopo averla fatta riposare una trentina di minuti vi si immergono i pezzi di pesce. L’impasto, utilizzando sempre un cucchiaio, si versa in abbondante olio bollente dentro una padella, dopo alcuni minuti è pronto. Si toglie dall’olio, si asciuga e si serve in tavola, se occorre con un’ultima spolverata di sale. I frisceu non vanno confusi coi cuculli, che nascono a base di farina di ceci. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Riviera ligure di ponente Vermentino, o un bianco spumantizzato che con un po' di carbonazione “sgrassi” la bocca. Nota bene, la pastella viene preparata anche in altri modi molteplici, con uovo, lieviti, acqua frizzante…
* lo stoccafisso è il medesimo pesce ma essiccato

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei frisceu di baccalà li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/





lunedì 14 febbraio 2011

Pan cotto


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)4 michette di pane avanzato (circa 3-400 g), 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, 3-4 spicchi d’aglio, origano, olio extravergine, sale q.b.

Preparazione (tempo 20 minuti circa)Salare e bollire a fuoco medio dell’acqua, circa 1 litro, aggiungendo l’olio e gli spicchi d’aglio integri (senza camicia). Quando l’aglio è cotto unire il pane raffermo (pane indurito, non integrale) spezzettato a tocchi, l’origano e il parmigiano. Provocare ancora un bollore vivo e poi servire subito, caldo, con un ultimo filo d’olio evo a crudo. Ottimo – e nutriente - anche preparando con brodo di carne e aggiungendo uova sbattute. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Ormeasco sciac-trà (rosato). Tipico di Vezzano Ligure (SP), ma anche di Genova, recupero creativo del pane vecchio, la povertà acuiva l’ingegno. Ove presenti, basilico e pomodoro lo avvicinano al pan cotto del Sud Italia, che gradisce anche zafferano e peperoncino. Ricette tutte antiche, tanto che Costanzo Felici scriveva nel ‘500 a proposito del pane: “Ma poi le variate minestre che da esso nascono! Prima vi è il pan cotto o pan bullito, vi è il pan grattato… minestre compastate con brodi come con acqua semplice poi condite con olio o con noce o con amandole o con latte o con formaio o con pevere o altre spetie”

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del pan cotto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

venerdì 11 febbraio 2011

Condiggiòn (insalata mista)

le belle gallette del marinaio
del panificio Maccarini a San Rocco di Camogli


Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)
Pomodori non troppo maturi (cuori di bue), cetrioli, peperoni piccoli (privati di pellicine e semi), sedano (talvolta) e finocchi (talvolta), olive nere liguri in salamoia, cipolle fresche, acciughe sotto sale (o 50 g di mosciamme), foglie di basilico, insalata a piacere, gallette del marinaio, olio extravergine ligure “di frantoio”, aceto, aglio di Vessalico, sale

Preparazione (tempo 30 minuti circa)
Si strofinano le gallette con l’aglio, si ammorbidiscono in poca acqua e aceto, poi si dispongono sul piatto da portata, o in un grilletto di terracotta. Si coprono con le verdure tagliate/affettate, unendo acciughe e/o mosciamme, e condendo con profusione di olio, sale e un po’ di aceto (se piace, sebbene poco filologico, anche quello balsamico). Si decora infine il piatto con le profumate foglioline di basilico (talora di menta) e le olive nere, ad es. le taggiasche. Come si nota, è un’antica ricetta a crudo, soprattutto estiva, semplice semplice, basilico e cetriolo la differenziano dalla nizzarda. L’abbinamento enologico è reso difficoltoso dalla presenza di pomodori, acciughe, aglio, aceto… Si tenta – arditamente - con un Vermentino...di carattere

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del condiggiòn li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 10 febbraio 2011

Fricassea di scorzonera


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)4 mazzi di scorzonera (“barba di prete”), 1 ciuffo di prezzemolo, 3 uova, mezza cipolla, 1 limone, 1 bicchiere d’extravergine, brodo (di carne o di dado), sale q.b.

Preparazione (tempo… variabile)Contorno celebre, è una “fracassata” di radici, chiamate scorzonera dal catalano “escurso” (vipera), in quanto ritenute antidoto al veleno di quel rettile. Nettare (raschiare), sciacquare e bollire la scorzonera in abbondante acqua salata (e acidulata), tenendola al dente, quindi sgocciolarla e tagliarla in pezzi o a fettine. Rosolare nell’olio la cipolla e il prezzemolo tritati, gettarvi la scorzonera regolando di sale e diluendo via via con un poco di brodo (no burro) per insaporirla. Intanto in una ciotola profonda sbattere le uova col succo di 1 limone, togliere la scorzonera dal fuoco e irrorarla, rimescolando affinché le uova si rapprendano. Se occorre, rimettere un momento sul fuoco. Impiattare caldissime, anche con una spolverata di prezzemolo tritato. L’abbinamento enologico suggerito, vista la nota dolce del piatto, è ad es. un DOC Colli di Luni Bianco. Lessata, la scorzonera entra talvolta anche nel cappon magro

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della fricassea di scorzonera li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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mercoledì 9 febbraio 2011

Panigacci (panigazzi)

panigacci: delizia di confine fra 3 regioni

Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)1 kg scarso di farina bianca “0”, 1,8 l d’acqua, sale

Preparazione (tempo 15 minuti circa) Non esiste una ricetta unica e univoca, ma va sottolineato che questo impasto è più denso rispetto ai testaroli e che la cottura prevede d'impilare i panigacci in piccoli testi a bordo un po' rialzato che vengono fatti arroventare. 
Bagnare la farina con due bicchieri d’acqua, regolare di sale e lavorare l’impasto lasciandolo piuttosto fluido (come per le frittelle). Scaldare i testi * sopra un fuoco di legna, in genere va ottimamente il legno ligure, sino a che siano incandescenti. Porre – senza scottarsi! - il primo testo sul pavimento, riempirlo con un mestolo di pastella, coprirlo col secondo testo e così via, sino a comporre una colonna di 6-7 sino a 10-12 testi pieni di pastella. Lasciarli così per circa 5 minuti, in modo che la pastella cuocia su ambo i lati, e quindi togliere i panigacci ormai cotti (più morbidi o più croccanti secondo il gusto). Ancora caldi si dispongono in ceste di vimini e si accompagnano a salumi e formaggi locali, a mo’ di piadine, oppure si condiscono con olio e parmigiano grattugiato, o con agliata. Sono molto digeribili in quanto non lievitati. L’abbinamento enologico suggerito è strettamente in funzione del “partner”, esistono infatti formaggi e salumi che chiedono vini di diverso impegno. La parola panigacci deriva da panìco, un cereale affine al miglio, antica graminacea asiatica che oggi si usa oramai solo per il becchime, sostituita da mais e risi. Di testi (il diametro per i panigacci è circa 15 cm) esiste ancora un ottimo fabbricante a Iscioli, frazione di Ne (GE)
* teglie con orli bassi o comunque dischi di materiale vario, ghisa, ferro…, adatti a fiamme e a braci, “antiaderenti”

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei panigacci li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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martedì 8 febbraio 2011

Reginette con le uova

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)200 g di reginette, 3 uova, 1,5 l di brodo di carne (o in emergenza di dado), 50 g di parmigiano o grana padano grattugiato, 2 cucchiai di persa (maggiorana) fresca, 1 spicchio d’aglio, noce moscata e sale q.b.

Preparazione (tempo 30 minuti circa)Le reginette sono fettuccine talora crespate ai bordi, molto amate al Sud, larghe circa 1,5 cm e che richiedono una decina di minuti di cottura. Si prepara il brodo immergendovi anche lo spicchio d’aglio spellato e la persa. Quando bolle, si elimina l’aglio e vi si gettano le reginette. Intanto in una ciotola si sbattono le uova col formaggio e un poco di noce moscata (se serve, anche un po’ d’olio extravergine ligure), diluendo con un mestolino di brodo. Quando la pasta è cotta, togliere dal fuoco e aggiungere lentamente il composto rimestando bene, finché si rapprenda. La minestra è da servire calda, piatto delicato, simile alla stracciatella dell’Emilia. Si spolvera di parmigiano. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Bianco

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione delle reginette con le uova li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 7 febbraio 2011

Riso arrosto

riso: malgrado Genova ne dominasse il commercio,
in Liguria riguarda solo 3-4 ricette...


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)400 g di riso da risotti (superfine o vialone nano), 2 cucchiai di “tocco” (sugo di carne), 200 g di salsiccia (o prosciutto crudo), 100 g di laccetti*, 20 g di funghi secchi rinvenuti in acqua tiepida, 150 g di piselli, 150 g di carciofi (in stagione), 2 bicchierini d’extravergine, 100 g di pan grattato, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato (3-4 cucchiai circa), 1 cipolla, vino bianco secco, sale e prezzemolo q.b.
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi sempre informati protegge la salute!

Preparazione (tempo 35 minuti circa)Ricetta assai diffusa nell’entroterra di levante. Tritare la cipolla col prezzemolo e rosolarli in olio (+ eventuale burro), unire la salsiccia sminuzzata e il riso. Continuare a rosolare sfumando col vino. Tritare i funghi e aggiungerli, poi anche i laccetti sminuzzati, i carciofi tagliati a pezzi e i piselli, regolando di sale. Dopo una decina di minuti levare dalla fiamma, spolverare di formaggio e aggiungere il sugo di carne (senza lesinare). Infine versare e livellare il composto (la consistenza sarà simile al risotto, cotto al dente) in un tegame, unto o imburrato, compattarlo con una forchetta, infine cospargere di pan grattato e infornare (gratinare) a 180° per un’altra decina di minuti. Servire caldo. Fa da piatto unico, proteico. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. - per restare sul terroir - un DOC Golfo del Tigullio rosso

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del riso arrosto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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giovedì 3 febbraio 2011

Muscoli ripieni

foto tratta dalla piattaforma "LiguriaFood"

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)1,5 kg di muscoli locali (circa 2 dozzine), mollica ammollata nel latte, 150 g di parmigiano o grana padano grattugiato, un mazzetto di persa (maggiorana) e uno di prezzemolo, 4 pomodori, 1 uovo per ogni commensale, 50 g di prosciutto cotto e/o mortadella, sale q.b.

Preparazione (tempo 30-40 minuti circa)Pulire i muscoli e farli aprire sul fuoco vivo in padella (gettare sempre quelli che non si aprono). Tenere da parte i migliori – diffidare dei giganteschi… – e, aiutandosi con un coltellino, togliere dalle valve alcuni dei rimanenti. Tritare questi ultimi con gli odori (persa, prezzemolo…). In un’ampia ciotola lavorarli accuratamente con le uova, il formaggio * e la mollica strizzata (va egregiamente il pane raffermo). Successivamente tritare i pomodori e realizzare un sugo in padella, che va un po’ tirato e regolato di sale. Cuocere per 5 minuti. Farcire le valve con una cucchiaiata del ripieno – ben sodo - e cucirle con un filo da cucina in modo che non entri aria, quindi insaporirle nel sugo di pomodoro per una decina di minuti, a fuoco medio. Oppure 20 minuti di forno a 180°. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio rosato
* forse che i francesi non aggiungono fromage alla loro soupe de poissons?

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei muscoli ripieni li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

mercoledì 2 febbraio 2011

Riso e preboggion


...e naufragar m'è dolce nel preboggion

Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)300 g di riso (si calcolino 2 pugni a persona), 3 bei mazzi di preboggion (erbetti) contenenti preferibilmente - secondo disponibilità del mercato - bietole, borragine, pimpinella, dente di leone…, 4 cucchiai di pesto di basilico, 3 cucchiai di extravergine ligure, parmigiano grattugiato, sale q.b.

Preparazione (tempo 1 ora circa)Si lavano scrupolosamente e si tagliano a fettucce le verdure, che poi si lessano in abbondante acqua salata. Dopo una quarantina di minuti s’aggiunge il riso, e si cuoce per altri 15-18 minuti rimestando bene. Il piatto, presente già nella Cuciniera ottocentesca del Ratto, si condisce con un pesto diluito e infine con una spolverata di parmigiano. Si consuma sia caldo sia freddo. La consistenza, un po’ risotto un po’ minestra, dovrà risultare non troppo brodosa né troppo soda. Ottimo partner è un DOC Colli di Luni Vermentino, servito a 11° in calici a stelo alto

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del riso col preboggion li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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martedì 1 febbraio 2011

Riso in cagnone



Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)500 g di riso (superfine o vialone), 150 g di salsiccia sminuzzata, 1 mestolo di sugo di carne, 1 mestolino di brodo di carne, 8 cucchiaiate di parmigiano o grana padano grattugiato (circa 150 g), sale q.b.

Preparazione (tempo 30 minuti circa)Lessare il riso in abbondante acqua salata. Scolarlo a metà della cottura e porlo in una casseruola dove sta “borbottando” il sugo di carne, già filtrato nel setaccio chinois e diluito col mestolino di brodo di carne. Unire ora a fuoco vivace la salsiccia sminuzzata, mescolando bene, poi metà del formaggio, facendo attenzione che il “risotto” non s’attacchi. Via via provvedere, ove occorra, con ancora un po’ di brodo. Il piatto si degusta caldo, spolverizzando con il restante formaggio. Prende il nome da cagnun, che in lombardo è una larva d’insetto (mosca carnaria), bianca, il cui aspetto ricorda il chicco di riso gonfiato dalla cottura. La versione ligure è una sorta – semplificata - di riso al fondo bruno – si parva licet componere magnis… - , quella padana contiene talora anche burro e salvia. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Ormeasco (vitigno dolcetto)

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione del riso in cagnone li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
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