giovedì 30 settembre 2010

Gattafuin (gattafin)


Ricetta (ingredienti e quantità)

250 g di farina bianca 00 ben setacciata, 1 kg di biete, 1 cipollotto dolce, 3 cucchiai di extravergine, 70 g di parmigiano grattugiato (talvolta anche ricotta), 1 ciuffo di persa (maggiorana), 3 uova, 2 pomodori ad es. “cuore di bue” della zona di Ceriale (SV), sale q.b., olio d'oliva o monoseme per friggere (abbondante!)


Preparazione (tempo 1 ora e 30 minuti circa)

Si tratta di frittelle (“fogliette”) vegetali, tipiche di Levanto (SP), il nome si lega alle “gattafure”, parola trecentesca che allude soprattutto a torte con ripieno, anche se circolano altre ipotesi. Lavorare sulla spianatoia gli ingredienti per la pasta (farina a fontana, 1 uovo, olio e una presina di sale, eventuale acqua o vino bianco), ottenendo un impasto sodo e liscio. Ricavarne una palla, infarinarla, e porla in frigorifero avvolta da pellicola trasparente per almeno 30 minuti. Pulire le biete e cuocerle per un paio di minuti nell’acqua di lavaggio lievemente salata. Scolare, raffreddare un poco e strizzare, poi tagliarle abbastanza fini (o grossolanamente, secondo gusti). Intanto il cipollotto tritato rosola in tegame nell’olio, a fuoco vivo. Unirvi le biete, regolare di sale e mescolare di frequente, dopo qualche minuto le verdure saranno asciutte. Amalgamarle ora col parmigiano, la persa e le 2 uova, il risultato dovrà essere un composto abbastanza sodo, ove necessario abbondare un po’ di più col parmigiano. Divisa la pasta in due parti, si spiana in sfoglia sottile, e sopra ad una sfoglia si pone il composto, a mucchietti (una cucchiaiata) delle dimensioni di una grossa ciliegia, ad una distanza di circa 5 cm l’uno dall’altro. Ora si preme sopra al tutto l’altra sfoglia, facendola aderire attorno ai mucchietti della farcia. Con la rotellina dentata si tagliano i tortelloni, anche a forma di mezzaluna, che poi friggeranno in olio d’oliva o monoseme caldo (abbondante), pochi alla volta, sino a dorarsi bene. Infine i gattafuin vanno prelevati dall’olio e asciugati nella carta tipo scottex. Rappresentano un antipasto o addirittura un piatto unico (talvolta variando in alcuni la farcia, ad es. con funghi). Esistono anche, benché rare, versioni dolci, coi marroni… L’abbinamento enologico suggerito per i gattafuin salati è un DOC Colli di Luni Vermentino, servito a 10° in calici a stelo alto, o una bollicina, che con la carbonazione sgrassi il gusto "unto"

Umberto Curti

Storia e tradizione dei gattafuin li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia.
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su www.ligucibario.com

mercoledì 29 settembre 2010

Pansoti (pansoti di magro, ravioli di levante, pansooti au preboggion)

Ricetta (ingredienti e quantità)

250 g di borragine, 250 g di biete, 500 g di vero preboggion misto, 200 g di prescinsêua o di ricotta ovina setacciata, 20 g di burro, 50 g di parmigiano grattugiato, 2 uova, noce moscata, sale q.b.


Preparazione (tempo 45 minuti circa esclusa la sfoglia)

Lavare bene tutte le verdure e lessarle in acqua abbondante. Scolarle e tritarle. In una ciotola grande mescolare le verdure tritate con le uova, la prescinsêua, un poco di parmigiano, il burro fuso, regolando di sale e di noce moscata. La sfoglia (farina, acqua, vino bianco, uovo, sale), spianata ben sottile, circa 3 mm, e fatta riposare, ora viene tagliata a quadrati di circa 5 cm di lato, ciascuno dei quali riceve una giusta cucchiaiata di farcia. La pasta viene ripiegata a triangolo e saldata ai bordi con le dita, onde creare un tortello alquanto gonfio (per la saldatura non serve spennellare con uova). I pansoti (pansotti) bolliranno in abbondante acqua salata e affioreranno dopo alcuni minuti. Scolati delicatamente per mezzo d’una cassarea, si condiscono con salsa di noci e formaggio grattugiato. No panna! Se non sai far da te, in commercio si trova con facilità una prescinsêua eccellente dell’azienda Virtus-Latte Tigullio. Per la salsa di noci, non dimenticare la mollica nel latte. L’abbinamento enologico prevede, per contrasto alle note dolci del piatto, un bianco acido e sapido, ad esempio un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta

Umberto CurtiStoria e tradizione dei pansoti li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 28 settembre 2010

Verdure ripiene alla ligure/alla genovese


La "tegamata" di verdure ripiene alla ligure di una sciamadda (Genova)



Ricetta per 8-10 persone (ingredienti e quantità)


Si propongono dosi per 8-10 persone in quanto le verdure ripiene si conservano bene anche surgelate.
10 zucchine, 10 melanzanine tonde, 4 cipolle bianche grosse, 3 peperoni medi, 150 g di prosciutto cotto, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato, 2 spicchi d’aglio, 4 uova, una manciata di foglioline di maggiorana (persa) ben pulite, mollica di pane, latte qb, pane grattugiato qb, olio extravergine qb, sale e pepe secondo gusti


Preparazione (tempo 1 ora circa)
Il mix ha beneficiato di materia prima dal Nuovo Mondo (zucchine...). Le verdure (principalmente zucchine, melanzane, cipolle) ben lavate si sbollentano, già scavate internamente col cucchiaio e tagliate a metà, per 5 minuti in abbondante acqua salata. I peperoni non vanno lessati e, se grossi, vanno tagliati a quarti (e naturalmente privati dei semi). Scolate al dente, le verdure si fan freddare delicatamente sotto l’acqua corrente. La polpa delle verdure va conservata. In una ciotola s’ammolla intanto la mollica nel latte. Si sminuzza il prosciutto. Ora nel mixer entrano la polpa delle verdure, la mollica strizzata, il prosciutto, la maggiorana, l’aglio tagliato a fettine sottili. Il composto viene addizionato, in un’ampia ciotola, di 4 uova, parmigiano, sale e pepe, e rimestato con cura. Se nella ricca farcia si utilizza anche la vitella, essa va soffritta rapidamente. Si riempiono col composto le verdure. I “ripieni” entrano poi in forno (un velo di pan grattato sparso sopra li fa più delicati), su una teglia unta, a 190° per 20-30 minuti. Ieri più di oggi il pieno era anche di porcini. I fiori di zucca, a loro volta, senza pistillo e non lessati, si riempiono di una farcia di verdure (zucchine, fagiolini, patate…) per mezzo di un sac à poche che riesca a penetrar bene nel calice del fiore. Forno un po’ più alto e tempi un po’ più brevi, 200° per 15 minuti. Ottimo sempre, in abbinamento ai ripieni, un IGT Colline Savonesi Lumassina, al limite anche frizzante, onde “sgrassare” la bocca dall’inevitabile untuosità del piatto. Le verdure ripiene - alias ripieni di verdura - sono deliziose sia servite calde, sia tiepide, sia fredde (antipasto o secondo piatto)

Umberto Curti
Storia e tradizione delle verdure ripiene alla ligure li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia


Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico della Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 27 settembre 2010

Buridda di seppie



Nella foto la meravigliosa buridda di seppie


Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)

1,5 kg di seppie, polpa di 6 pomodori San Marzano maturi, 4 hg di piselli freschi, 1 cipolla bianca tritata, 2 spicchi d’aglio tritati (+ facoltativo 1 intero), 2 cucchiai abbondanti di prezzemolo fresco tritato, 1 manciata di capperi desalati, un bicchiere di vino bianco secco, 1 dl di extravergine ligure, sale (e pepe) q.b.


Preparazione (tempo circa 1 ora e 15 minuti)

La buridda, piatto arabo-provenzale, è un umido. Le seppie, private di becco, osso, occhi e sacca del nero, ripetutamente lavate e poi battute, vengono affettate o – secondo la preferenza - tagliate a fettucce. Rosolano in una casseruola di coccio con olio e aglio. Quando si dorano s’aggiungono la polpa di pomodoro, il vino, il sale (e il pepe). Si lasciano a cuocere, coperte, per circa un’ora, a fuoco tenue, tenendo – se asciugassero troppo a causa dell’evaporazione del vino - un po’ di brodo pronto per l’emergenza. A metà cottura s’aggiungono i piselli e, al termine, il prezzemolo. La buridda si serve calda e succulenta su fette di pane abbrustolite (strofinate con aglio), è piatto unico, rituale, adorato lungo tutta la costa. V’è chi aggiunge pinoli, funghi secchi, acciughe salate, olive… L’abbinamento enologico prevede ad esempio un DOC riviera ligure di ponente Rossese

Storia e tradizione della buridda li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

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venerdì 24 settembre 2010

La rattatuia

rattatuia dentro golosi panini, un'idea di Ligucibario

Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)

1 dl di extravergine ligure, 1 cipolla bianca tritata, 1 spicchio d’aglio (di Vessalico) tritato, 300 g di fagioli (rossi) freschi, 2 carote, 1 sedano, 5 zucchine, 300 g di fagiolini verdi, 2 melanzanine tonde, 2 peperoni di qualunque colore, mezzo kg di pomodori maturi spellati e privati dei semi, alcune foglie di basilico, sale q.b.

Preparazione (tempo circa)

Ratatouille... Da una parte si lessano i fagioli, dall’altra si lessano i fagiolini (mantenendo questi ultimi molto sodi). Tutte le altre verdure fresche vanno lavate, ripulite e ridotte a una grossolana dadolata. In una casseruola (di coccio) si soffriggono aglio e cipolla, quindi le verdure stesse, tranne le zucchine. Per ultimi la polpa dei pomodori (o 500 g di passata San Marzano), i fagioli pre-lessati, i fagiolini e le foglie di basilico spezzettate con le mani. La stufatura, regolando di sale, è dolce, durata 30 minuti circa. S’aggiunge infine la dadolata di zucchine, e il tutto cuoce un’ulteriore mezz’ora, a casseruola coperta. La rattatuia, specialità anche provenzale e assai simile al briam greco (al forno con patate), si degusta preferibilmente calda, v’è chi aggiunge abbondante pepe, ma lo choc termico anestetizza la bocca. L’abbinamento enologico prevede un rosso tenue, ad esempio un DOC Golfo del Tigullio Ciliegiolo

Umberto Curti
Storia e tradizione della rattatuia li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

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giovedì 23 settembre 2010

La caponadda di Camogli




"rivisitata" in chiave finger food nei Vinerdì di Robbiano e Ligucibario


La capponadda/caponadda di Camogli


Ricetta per 4-6 persone (ingredienti e quantità)


Gallette del marinaio (300 g), 30 g di capperi, 4-6 acciughe diliscate e tagliate a pezzetti, polpa d’olive preferibilmente verdi, mosciamme di tonno a fettine sottili (100 g), olio extravergine ligure q.b., aceto di vino bianco q.b., sale, un po’ di cipolla o scalogno se piace. Alcuni aggiungono anche tonno sott’olio in pezzi – sgocciolato è molto più digeribile - , pomodori (post-colombiani…), timo…


Preparazione (tempo 10 minuti circa)


Le gallette si ammorbidiscono in acqua e (poco) aceto e quindi si strizzano. In un’ampia ciotola poi si condiscono con tutti gli altri ingredienti. Voilà, il piatto è già pronto. L’abbinamento enologico è reso difficoltoso dall’aceto e dagli altri sapori intensi (capperi, acciughe…), si può tentare con una Bianchetta. Il termine “caponata” deriva forse dal latino caupona = taverna. Il piatto è affine alla panzanella toscana. La galletta è pan biscotto, cioè posto nuovamente in forno ad essiccare dopo la cottura (l’idea giunse dalla Francia). Piatto e tondo, è duttile, dietetico e a lunghissima conservabilità, per via dell’evaporazione dell’acqua, dunque da sempre idoneo come cibo di bordo durante le navigazioni militari e civili. Di consistenza friabile, si prepara con farina di grano tenero, crescente, acqua, sale, olio evo e malto. Altrove è chiamato fresa, frisella. Ne esiste anche una versione dolce. Il mosciamme (“musettu” in dialetto) sono invece filettini di tonno essiccati 4-6 ore in forni (un tempo era delfino), confezionati in barre rosso-violacee. La parola proviene dall’arabo mushamma’ (pesce o tonno salato), transitato nello spagnolo.


Umberto Curti
Storia e tradizione della caponadda li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia


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mercoledì 22 settembre 2010

I canestrelli dolci





Ricetta per una famiglia di 4 persone

400 grammi di fior di farina (di grano tenero), 1-2 tuorli d’uovo e 1 albume, 150 grammi di zucchero, 250 grammi di burro, 1 presina di sale, finocchietti

Preparazione (tempo 1 ora abbondante)

A Torriglia questi dolci vengono chiamati canestrelletti.
Sulla spianatoia si dispone a fontana la farina, eseguendo la normale lavorazione dell’impasto dopo aver trattato e ammorbidito il burro in una ciotola con lo zucchero e dopo aver lavato le uova in acqua fredda e amuchina. La pasta riposerà per almeno 20-30 minuti in frigo, avvolta nella pellicola trasparente. Con essa si creeranno poi dei rotolini di spessore circa 2 cm. Intrecciando la pasta e unendone gli estremi si ottengono dei piccoli canestri (appunto, canestrelli), che s’infornano spennellati d’albume montato e cosparsi di finocchietto, dentro una teglia coperta da carta forno. Con un tagliabiscotti si possono ovviamente ricavare altre forme (margherite, stelle…). Cottura delicata, 25-30 minuti a 160-170°, regolarsi col proprio forno. Una volta raffreddati, ma sono strepitosi anche caldi, possono essere spolverizzati di zucchero a velo. Come partner tutte le pastafrolle chiedono immancabilmente vini passiti, ad esempio il Val Polcevera passito “Na cué”, o il prezioso DOC Sciacchetrà delle Cinque Terre, entrambi da servirsi a 7-8° in appositi bicchierini.

Umberto Curti
Storia e tradizione dei canestrelli li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

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martedì 21 settembre 2010

Acciughe sotto sale


Ricetta (ingredienti e quantità)

2 kg abbondanti di acciughe fresche (sono 70-80 acciughe), 1 kg scarso di sale grosso marino, 1 arbanella di vetro – non scheggiato! - con coperchio e disco d’ardesia o altro peso (vedi la preparazione). L’arbanella per 2 kg di pesce misura circa diametro cm 17 e altezza cm 14


Preparazione

Il fine dell’antica ricetta è conservare il pesce a temperatura ambiente, fino a 1-2 anni. Scelte freschissime nel giusto periodo dell’anno (da maggio a luglio, col progredire dell’estate il prezzo cresce), non troppo grosse né troppo piccole, le acciughe vengono accuratamente pulite e sistemate in barattoli di vetro chiamati “arbanelle”, a strati, alternando la disposizione (testa e coda). Durante l’operazione di pulizia occorre lavorare all’asciutto, evitare l’acqua dolce e rimuovere con ogni cura la testa e le interiora (chi è abile, togliendo la testa sfila dalle branchie anche le interiora). La disposizione delle acciughe deve far sì che non rimangano vuoti, ove necessario si scuote e si batte via via l’arbanella per favorire l’assestamento dei pesci. Sul fondo dell’arbanella e fra i diversi strati si sparge una manciata di sale grosso (circa 2 cucchiai ogni volta). Al termine, si cospargono in cima 2 cm di sale. Ora sull’ultimo strato si posiziona, pressando bene, un pesante disco d’ardesia a mo’ di tappo. Il preparato spurgherà e traboccherà salamoia. Si conserva al buio. Dopo una settimana, se occorre, si eliminano i liquidi che via via si saranno formati, e si irrorano le acciughe con un’apposita salamoia satura raffreddata, altrimenti si formano muffe e tutto marcisce, con pessimi odori. Mai far asciugare la superficie. Un attento controllo verificherà sempre anche eventuali bolle, se piccole si eliminano scuotendo l’arbanella, se grosse si debbono riempire di sale. Via la lisca, le acciughe si degustano al meglio (paiono fresche) dopo almeno un paio di mesi, con olio e talora aglio, oppure su toast imburrati, oppure ancora partner in ricette quali la pizza, le uova sode, i peperoni al forno. Si desalano ponendole in acqua corrente per un’ora e non di più (un po’ meno d’estate). Una desalagione più prolungata le rende infatti sciape e a rischio di andare a male. V’è addirittura chi pone le acciughe sott’olio senza dissalarle. Da quel momento l’arbanella col restante contenuto può venir chiusa col coperchio. L’abbinamento enologico è difficile, vanno comunque privilegiati – ovviamente - i bianchi. Le acciughe sotto sale rappresentano una tipicità antichissima ad es. di Celle Ligure (SV), anche lì originariamente lavate in mare e asciugate in spiaggia. E sappiamo che a Monterosso (SP) v’erano ben 6 caneva, ossia le cantine in cui si collocavano i barili dei pesci salati. Quelle destinate all’export, un tempo, si disponevano in barilotti di legno, meno fragili del vetro. Trovi una descrizione della salagione anche nel romanzo I Malavoglia (1881), del siciliano Giovanni Verga, a confermare una tradizione tutta mediterranea. Si salano infatti egregiamente anche le sarde, le salacche…

Umberto CurtiStoria e tradizione delle acciughe li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su www.ligucibario.com.

lunedì 20 settembre 2010

SCOPRI ON LINE IL LESSICO DELLE ARTI ALIMENTARI DI LIGUCIBARIO®

Cuochi, studiosi, appassionati e gourmet esordienti, questo post è per voi!

www.ligucibario.com, sito nato a Genova nell’ottobre 2009 da un’idea dell’etnogastronomo Umberto Curti, presenta in homepage la nuova sezione “Lessico delle Arti Alimentari”, un repertorio “da abbinamento a zuppa” che raccoglie le più importanti parole di vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba).
I 400 lemmi sono ordinati in 24 gruppi alfabetici (quali Cacao - Cuvée, Salagione - Supertuscans…) e integrati da una agile legenda che ne precisa l’ambito di riferimento - a titolo di esempio, V identifica la terminologia afferente al vino, F al formaggio, P alla pasticceria.. - per un totale di 9 categorie. Il Lessico delle Arti Alimentari rappresenta uno strumento di ricerca e approfondimento a se stante e un partner nella consultazione dell’Alfabeto del Gusto - il più vasto database atlante del Made in Liguria enogastronomico “cuore” di www.ligucibario.com.

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Buona lettura!

Ligucibario

venerdì 17 settembre 2010

La prescinsêua


Ricetta (ingredienti e quantità)

2 litri di latte vaccino fresco, 400 grammi panna da cucina fresca, 3-5 grammi di caglio (reperibile ad es. in farmacia)


Preparazione (tempo 52 ore circa)

Le correnti di pensiero sono tante, ma le ricette online relativamente poche. Il latte riposa due giorni (48 ore) in una pentola di terracotta o un contenitore di plastica. Se ne preleva poi mezzo litro, portandolo ad una temperatura di circa 35-45°. Vi si versa il caglio mescolando con grande cura, affinché il caglio si sciolga ben amalgamandosi. Questo latte addizionato di caglio si unisce poi al litro e mezzo rimanente, smuovendo bene le masse. Il tutto riposerà 4 ore, alla fine sgrondando. Aggiungere la panna (per smorzare l'acidità), mescolare, e attendere ancora una ventina di minuti. Dovrebbe a questo punto (il condizionale si lega al fatto che le variabili, ad es. le temperature di lavoro, sono varie) addensarsi una prescinsêua bella soda, affettabile, ma anche in parte cremosa. L’abbinamento enologico è ovviamente in funzione della ricetta in cui la prescinsêua si utilizza. A taluni la prescinsêua piace anche da sola, o su semplici bruschette, o zuccherata...
A Savona la chiamano zuncò. Va sempre consumata fresca. Carino il detto “Se il latte è andato a male ne faremo una prescinsêua”, la parsimonia ligure trova sempre il modo di riciclare tutto…

Umberto CurtiStoria e tradizione della prescinsêua li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

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giovedì 16 settembre 2010

I testaroli


Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)

400 grammi di farina mista (ad es. metà grano duro, metà tenero “0”), sale q.b., un litro scarso d’acqua. Attenzione, la ricetta “storica” pretenderebbe testo e camino, ma in casa si può ripiegare su una padella antiaderente dal fondo spesso…


Preparazione (tempo totale 1 ora e 20 minuti circa)

I testaroli, come sai, sono cosa diversa dai panigacci, soprattutto per impasto (un po' più fluido), per forma e per cottura. Porrai la farina lentamente nell’acqua insieme a due presine di sale e rimesterai ben bene con un lungo cucchiaio di legno. Lascerai riposare l’impasto (tipo crêpe) per un’ora e poi lo setaccerai onde evitare spiacevoli grumetti. Spargilo ora col cucchiaio in due testi - o due padelle - ben caldi, creando dal centro ai lati uno strato via via sottile che collochi a cuocere. Dopo 5 minuti circa, quando si solleva e cambia colore lo volti con una paletta, sul secondo lato cuoce circa 1 minuto, perché più a lungo seccherebbe. Terminata un’idonea cottura il testarolo si stacca praticamente da sé e va lasciato a freddarsi. Tagliato a listelle o a lasagnette romboidali va immerso a rinvenire in acqua tiepida/calda, e dopo averlo scolato lo consumi deliziosamente col pesto genovese, oppure con semplice olio d’oliva e formaggio (il piatto è possibile in tutte le stagioni e propone una discreta conservabilità). Come partner i testaroli conditi in modo tradizionale chiedono immancabilmente vini bianchi, ad esempio il Colli di Luni DOC, da servirsi a 11°C in calici a stelo alto.

Umberto Curti
Storia e tradizione dei testaroli li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su www.ligucibario.com.

martedì 14 settembre 2010

La farinata di ceci


Nella foto, un bel forno a legna di un fainotto a Genova


Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)

Un chilo di farina di ceci, 4 litri d’acqua, sale grosso, pepe nero macinato secondo gusti e 2 bicchierini di un bell’extravergine dolce.


Preparazione (tempo 15-45 minuti circa la cottura, escluso il riposo dell’impasto)

L'impasto è simile, un po' più liquido, a quello della panissa. Si uniscono in un’ampia terrina i due ingredienti base, acqua e farina, disponendo la farina a fontana. L’impasto liquido, ben amalgamato e senza grumi, riposa una decina di ore coperto (non in frigo), e andrà schiumato affinché cocendo non annerisca. S’aggiungono ora sale e olio. La cottura, in tegami di rame stagnato, e comunque antiaderenti, richiede 15 minuti in forno a legna (ad es. d’olivo), fuoco sopra. In casa, mezz’ora in forno normale preriscaldato, a 220° (se il forno non è in bolla, l’inclinazione fa sì che la farinata cuoccia troppo da una parte e poco dall’altra). Dopo di che si spegne il forno e si accende il grill per 15 minuti, in modo da ottenere una superficie dorata, color nocciola. Si porziona di solito tagliata a quadratoni. Quando s’inforna, se piacciono e nella stagione giusta si possono aggiungere ad es. i rossetti in superficie, preventivamente infarinati e setacciati. Come partner la farinata chiede immancabilmente vini bianchi, ad esempio il Val Polcevera DOC, da servirsi a 10-11° in calici a stelo alto.

Umberto Curti
Storia e tradizione della farinata li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia

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lunedì 13 settembre 2010

Mes-ciùa

Ricetta per una famiglia di 4-6 persone (ingredienti e quantità)

300 grammi di ceci secchi, 150 grammi di fagioli cannellini secchi, 80 grammi di grano saraceno (duro), olio extravergine, sale qb, pepe secondo i gusti, acqua. Di solito le fave sono assenti in quanto scuriscono l’amalgama, le cicerchie in quanto sono progressivamente “sparite” dal mercato. Niente pasta mai.


Preparazione (tempo 4 ore e 1/4 circa, escluso l’ammollo)

I legumi e il grano saraceno devono stare a bagno in acqua un’intera giornata, separatamente, con una punta di bicarbonato. Devono poi cuocere in pentole di coccio – sempre disgiunti onde evitare “pappe” – con un’ebollizione a fuoco dolce, continua. Lasciare i ceci sul fuoco per 4 ore, cannellini e grano per 3 ore (i ceci devono cuocere più a lungo dei cannellini e del grano!). Colare poi i ceci e il grano divenuti teneri, che si uniranno per 15 minuti ai fagioli che vanno lasciati nel loro liquido di cottura, 1 litro e anche di più. Aggiungere sale rimestando bene col mestolo di legno e, quando si serve il piatto, s’aggiunge un filo d’olio extravergine ligure a crudo e una spruzzata di pepe al mortaio. La mes-ciùa, piatto antico molto diffuso nello spezzino, non disdegna neppure il rosmarino, altri la completano con un trito di aglio, carota, sedano, prezzemolo. Come partner il piatto chiede preferibilmente vini bianchi, ad esempio il Colli di Luni DOC, da servirsi a 11° in calici a stelo alto, ma v’è chi accompagna rosati e rossi (tenui), ad es. un Golfo del Tigullio DOC Ciliegiolo.

Umberto Curti

Storia e tradizione della mes-ciùa li trovi nell'Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al Made in Liguria e all'etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su www.ligucibario.com.

giovedì 9 settembre 2010

Funghi (ovoli) e patate in padella

Ricetta per una famiglia di 4 persone

400 grammi di ovoli sanissimi e 400 grammi di patate (ad es. qualità primura Bologna DOP), 1 mazzetto di prezzemolo, 1 spicchio d’aglio meglio se di Vessalico, 1 bicchierino d’olio extravergine d’oliva ligure, sale fino q.b.

Preparazione (tempo 45 minuti circa)

Si nettano gli ovoli dal terriccio e dalle impurità, togliendo anche le pellicine bianchicce, quindi si lavano con delicatezza sotto un lieve getto d’acqua. I gambi, triti, si mescolano all’aglio e al prezzemolo, ottenendo un “composto” ben mixato. Le patate, pelate, s’affettano non spesse né troppo sottili e se ne colloca uno strato dentro una padella/tegame unta d’olio. Si sala tale strato con sale fino e si asperge con metà del composto (funghi, aglio, prezzemolo). Sopra è la volta dello strato di cappelli, salando di nuovo q.b., oliando con moderazione, e aspergendo con la restante metà del composto. Il tutto cuoce, coperto, per una mezz’ora, a fuoco tenue. Come partner il piatto chiede immancabilmente vini bianchi, ad esempio il Colline di Levanto DOC, da servirsi a 10-11° in calici a stelo alto.

Umberto Curti

Storia e tradizioni circa funghi e patate li trovi nell'Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al Made in Liguria e all'etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/.

mercoledì 8 settembre 2010

Il pesto genovese (pesto di basilico al mortaio)






Le golose trenette pesto, patate e fagiolini, Genova



Ricetta per una famiglia di 4 persone (ingredienti e quantità)

4 mazzi di basilico freschissimo (di Genova-Pra'), riconoscibile dalle foglioline piccole "a cucchiaio" e dal magnifico profumo; 2 cucchiai di pinoli ove possibile di Pisa, 60-70 grammi di vero parmigiano grattugiato (18-24 mesi), 25-30 grammi di vero pecorino sardo (oltre i 3 mesi) grattugiato, 1-2 spicchi d’aglio (ove possibile di Vessalico, in Liguria), 4 cucchiai d’olio d’oliva extravergine ligure * , un pizzico di sale grosso. Se piace l’aggiunta di noci, è bene prima pelarle
* prudenza con l'olio alla fine, quando se ne può aggiungere ma non più togliere... L'eccesso rende la salsa per così dire galleggiante

Preparazione (tempo 10 minuti circa)

Si pestano con un pestello (di bosso o d’altro legno duro) dentro il mortaio di marmo i pinoli, l’aglio privato del germoglio interno e il sale (che previene l’annerimento del basilico), poi il basilico lavato e asciugato, . Via via si aggiungono i due formaggi, pecorino e parmigiano, grattugiati da poco. Il composto va ben legato, con attenzione lavorando col pestello sui bordi, amalgamandolo progressivamente con l’olio, versato pian piano a filo. E’ perfetto allorché si forma una lieve patina lattescente. Conclusa la preparazione, si diluisce il pesto con una cucchiaiata d’acqua di cottura della pasta (non tutti concordano, in quanto il formaggio "fila"). La salsa è suggerita in accompagnamento a gnocchi, troffie, trenette (sono linguine, bavette), lasagne dette localmente mandilli de saea, cioè fazzoletti di seta, picagge, testaroli. Non ama pasta fresca all’uovo. Come partner chiede immancabilmente vini bianchi, ad esempio il Pigato DOC Riviera ligure di ponente, da servirsi a 10-11° in calici a stelo alto.
Il mortaio si ripristina pulendolo con semplice acqua e aceto.

Umberto Curti
Storia e tradizioni relative al pesto genovese li trovi nell'Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al Made in Liguria e all'etnogastronomia

Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/.