domenica 31 ottobre 2010

Amaretti


amaretti, ben rappresentati anche a Sassello...


Ricetta (ingredienti e quantità)Mezzo kg di zucchero, 250 g di mandorle dolci e 250 g di amare (armelline), 80 g di nocciole, 2 cucchiai di farina 00, gli albumi di 5 uova, 80 g di zucchero a velo

Preparazione (tempo 1,5 ore)In forno ben caldo (200°) tostare le nocciole, poi raffreddarle. Sbollentare le mandorle così da poterle pelare agevolmente, sgusciarle e porle nel mortaio (o nel mixer), battendole un po’ per volta con lo zucchero e le nocciole. Secondo preferenze, il trito può esser realizzato più grossolano oppure molto fine… Setacciare e mettere il residuo in un’ampia ciotola contenente già gli albumi montati a neve. Lavorare piano con un mestolino di legno o una spatolina di gomma, quindi incorporare la farina e ricavare un impasto tenue, soffice, ma non molle. A mani umide farne dei mucchiettini semisferici – una cucchiaiata ciascuno - e disporli su una placca infarinata, a distanza di 2-3 cm l’uno dall’altro. Pressarli col dorso del cucchiaio e spolverarli con lo zucchero a velo, quindi lasciarli riposare un’oretta o più. Andranno in forno abbastanza caldo (170° o anche meno, alzando un po’ alla fine), saranno pronti quando visivamente tenderanno a brunire, circa 15 minuti, oltre seccherebbero, si consideri che fuori forno induriranno comunque ancora un po’. Si degustano freddi (all’ora del thé!), e si conservano per lungo tempo in scatole di latta chiuse ermeticamente. Si dice che gli amaretti dàtino dal Rinascimento. Possono essere secchi (mandorla non inferiore al 13%) o morbidi (35%). V’è chi aggiunge all’impasto cioccolato fondente sciolto a bagnomaria. Si prestano a preparazioni artigianali e industriali, ed entrano nel fritto misto e nei tortelli di zucca mantovani. In Liguria il secolo XIX vide un’abbondanza di mandorle, che solleticò gli ingegni affinché l’opportunità di tanta dovizia non venisse sprecata. Nella tradizione ebraica il mandorlo simboleggia la vita che rinasce, che rinnova, in quanto primo albero a fiorire in primavera. L’abbinamento enologico è sempre un passito

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione degli amaretti li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 28 ottobre 2010

RICETTE IMPERIALI E LIGURIA D'OGGI NEL VIAGGIO IN TV DI "TEMPO MEDITERRANEO"


Sono stato ospite di Paolo Zerbini alla piacevole trasmissione Viaggio in Liguria, in onda su Primocanale il 27 ottobre alle ore 21, format televisivo dedicato alla cultura locale, turismo gastronomia territori. Intorno al tavolo, oltre al conduttore e a me, la signora Carla Viale dello Studio Viale von der Goltz (Pubbliche Relazioni), l’artista Stefano Agosta, attivo fra il castello cinquecentesco di Santa Margherita e palazzo Cattaneo Adorno in via Garibaldi a Genova, Luca Costi, amministratore delegato di LiguriaStyle.it (esposizione e shop dell’artigianato artistico ligure), infine i responsabili di Zanini Alimentare, azienda dello spezzino che ha messo a punto e commercia una convincente farinata preparabile in 20 minuti a casa propria. Come si suol dire, mi sono goduto la compagnia e il cibo, abbinato a 4 vini liguri d’eccellenza: il DOC riviera ligure di ponente Pigato “Le Petraie” 2009 (Lupi), il DOC Colli di Luni Vermentino “Etichetta nera” 2008 (cantina Lunae di Paolo Bosoni), il DOC Golfo del Tigullio Ciliegiolo 2008 (F.lli Parma), infine l’IGT Colli Savonesi Granaccia 2009 (Durin). Nel corso della serata ho avuto anche il piacere di accennare all’uscita del mio ultimo lavoro, Tempo mediterraneo. Quel che resta di Apicio in cucina. Il libro, pubblicato dal piccolo ma dinamico editore La Vigna di Hui Neng, analizza l’opera e soprattutto l’epoca di Apicio, buongustaio vissuto sotto Tiberio, e figura-chiave per uno straordinario viaggio nella cucina di Roma imperiale. Il suo Manuale di gastronomia – ricettario sorprendente, da testare e reinterpretare - rappresenta anche il miglior “dizionario” per partecipare alla cena di Trimalcione, nel Satyricon di Petronio Arbitro, evento di poco posteriore, e banchetto fra i più famosi d’ogni tempo. Infatti dalla gastronomia romana, pur talora eccessiva per forme, quantità e sovrapposizioni d’ingredienti, ci giunge tuttora il profumo di un Mediterraneo che – caso per caso – sa privilegiare l’olio, i cereali, i pesci, le verdure… Un’arte culinaria che, attraverso venti secoli, si perpetua anche nella fragrante cucina ligure di oggi, tramite legami fortissimi, e si propone nel libro – pagina dopo pagina - a tutti gli appassionati di cibo (e storia) liguri, italiani e stranieri. Per tutti gli interessati, il volume, del costo di € 17, è già prenotabile su info@ligucibario.com.
Buona lettura a tutti!


Biscotti del Lagaccio



Ricetta (ingredienti e quantità)
Mezzo kg di farina medio-forte (W 260 circa), 180 g di zucchero, 40 g di lievito di birra (ma i più esperti possono privilegiare la pasta madre), 120 g di burro, 15 g di semi di finocchio, una presina di sale

Preparazione (tempo: ricetta molto lunga a causa del riposo degli impasti)
Sul piano da impasto si crea una fontana con circa 130-150 g di farina. Vi si pone dentro il lievito frantumato e mezzo bicchiere d’acqua, lavorando bene fino ad ottenere al tatto un amalgama liscio e alquanto morbido. Ricavata una sfera, la si lascia a riposare in una ciotola (preventivamente infarinata) coperta da un panno, presso una fonte di calore, affinché lieviti e raddoppi le proprie dimensioni. Sul piano da impasto si crea ora una nuova fontana con la restante farina, unendo una presina di sale, il burro disciolto, lo zucchero, il finocchio aromatico, la sfera lievitata e, ove occorresse, un poco d’acqua. Il tutto viene impastato onde ricavare un amalgama liscio e morbido. Verrà posto a riposare e lievitare in una ciotola, coperto, presso una fonte di calore, per almeno 60 minuti. Quand’è lievitato si sgonfia battendolo un po’ e si divide in due o più filoncini, della misura che si preferisce, i quali vanno in forno sulle placche da forno (imburrate), 180° per almeno 20 minuti. Sfornati, riposeranno una nottata sempre sulle placche e l’indomani saranno affettati (spessore 2 cm circa) e ricotti, vale a dire biscottati, una mezz’ora sulle placche in forno, a 200°. Diventano croccanti. Si consumano freddi, tipicamente dall’Ottocento all’ora del thé, ma durano bene, in quanto privi d’uova, nelle classiche scatole di latta (da collezione!) chiuse ermeticamente. Sono deliziosi con burro e confettura, o miele. Prendono il nome dalla cisterna (oggi prosciugata) che l’ammiraglio onegliese Andrea Doria fece realizzare a Genova-Granarolo nel 1539 per alimentare la fontana del palazzo eretto vicino al mare. A Sarzana (SP) e altrove li chiamano anche biscotti della salute. L’abbinamento enologico – mi raccomando - prevedrebbe sempre un passito ligure (lo Sciacchetrà!), o un vin santo toscano, finanche un Marsala non troppo vintage…

Umberto Curti
Ligucibario & LiguvinarioStoria e tradizione dei biscotti del Lagaccio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

mercoledì 27 ottobre 2010

Spongata (spungata) - alla maniera di Angelo Paracucchi




Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)250 g di farina bianca 00, 100 g di zucchero, 1 uovo, 150 g di burro, sale
120 g di confettura di mele, 30 g di pinoli italiani, 20 g di mandorle spellate, 30 g di canditi

Preparazione (tempo 1 ora)
Antico dolce natalizio, anche a Sarzana non esiste una ricetta unica. La preparazione del compianto chef Paracucchi (che pubblicò nel 1980 una encomiabile raccolta di 161 ricette locali) propone alcune differenze rispetto a quella tutelata oggi dai "disciplinari" emiliani, il cui protocollo ad esempio tende a “vietare” le confetture a beneficio del miele. In una ciotola trasferire e lavorare confettura, pinoli e canditi ridotti a pezzettini. Quindi su una spianatoia setacciare la farina con una presina di sale. Nella classica fontana da impasto rompere un uovo e aggiungere zucchero e burro (ammorbidito). Realizzare, senza lavorarlo troppo a lungo, un amalgama omogeneo, se troppo sodo incorporare un cucchiaio d’acqua. Separarlo in due metà, una appena più grande dell’altra. Col matterello spianare due sfoglie (spessore 4-5 mm), con quella di maggiori dimensioni fasciare fondo e lati del tegame da torte, già unto con poco olio oppure con un fiocco di burro. Sovrapporre la farcia, livellare, e coprire con la seconda sfoglia, saldando ai bordi ed eliminando il surplus di pasta. Mezz’ora di forno o qualcosa di più a 170-180° (un tempo era forno a legna), poi servire su un vassoio da portata e affettare fredda. La spongata vanta lunga conservabilità, cibo legato ai percorsi religiosi e commerciali lungo la Francigena. L’abbinamento enologico è sempre un passito, in Liguria sperabilmente un grande Sciacchetrà

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione della spongata li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 26 ottobre 2010

Quaresimali




Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)250 g di mandorle dolci sgusciate (possibilmente siciliane), 150 g di zucchero, 2 albumi, poca farina fine, acqua di fiori d’arancio (non confondere col neroli che è l'olio), 2 cucchiai di finocchietti confettati (o monpariglia già confezionata di qualità, o diavolini…)

Preparazione (tempo 25 minuti circa escluso il riposo della pasta)Battere nel mortaio (o mixer, o tramoggia…) mandorle e zucchero, lavorandoli lungamente con gli albumi sino a ricavare un impasto sodo. Unire, sempre lavorando col mestolo, un po’ di acqua di fiori d'arancio e poca farina. Realizzare uno strato di pasta d’altezza – mediamente - circa 1 cm, stenderlo col matterello su un piano di lavoro già unto e, con lo stampino, creare le forme volute, in genere quella tonda e quella romboidale. Far aderire alla pasta la monpariglia (semenzina) colorata. Far riposare una notte. Posizionare i dolcetti su una placca da forno già unta e cuocerli, 15 minuti o anche meno a 250°, finché acquisiscano un colore vivo, dorato. Sono di profumo e aspetto invitantissimi (inoltre si possono colorare con pasta di zucchero fondente tramite un sac à poche). I quaresimali, pur “di magro”, sono ricchi di zucchero e di grassi vegetali apportati dalle mandorle. L’abbinamento enologico suggerito è sempre un passito (a bacca bianca)

Umberto Curti
Ligucibario & Liguvinario
Storia e tradizione dei quaresimali li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 25 ottobre 2010

Sacripantina


Questa sontuosa cupola fu ideata dall’azienda di Giovanni Preti, piazza Portello in Genova, a metà ‘800. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un Porto, o meno bene un DOC Golfo del Tigullio Moscato. Nella foto, l'altro geniale capolavoro aziendale, il "Sacripante", ricoperto da un sottile strato di croccante cioccolato fondente...

Ricetta (ingredienti e quantità)
200 g di burro, 180 g di zucchero a velo, 1 bicchierino di caffè ristretto, mezzo bicchierino d’un liquore secco (marsala), altrettanto di rhum, 25-30 g di cacao amaro, 500 g di pan di spagna (pâte gênoise) reperibile in panifici e pasticcerie (diametro 22 cm), 4 biscotti secchi (50 g) inzuppati nel marsala, 2-3 amaretti

Preparazione (tempo alcune ore)
Ricetta molto laboriosa, io ti propongo quella che a me riesce meglio. Battere nel mortaio amaretti e biscotti, riducendoli a polvere molto fine. Unire 30 g di zucchero a velo e riporre da parte (questo preparato verrà riutilizzato a fine ricetta). Frazionare - con un coltello seghettato assai tagliente - in sei dischi tondi e sottili il pan di spagna, la loro dimensione sarà quella dello stampo. In una capace zuppiera ammorbidire il burro lavorandolo col mestolino, e aggiungere il restante zucchero a velo. Dopo qualche minuto aggiungere anche il caffè, poco per volta, e il rhum (caffè e liquore possono essere preliminarmente mescolati). Suddiviso in due parti uguali il composto, in una incorporare la polvere di cacao, rendendola bruna e profumata. Fasciare internamente con la pellicola alimentare trasparente lo stampo tondo a bordo alto, e sovrapporre al fondo un disco di pan di spagna, spennellando col marsala * . Stendervi sopra un terzo della crema al cacao. Sovrapporre un nuovo disco sempre spennellato col marsala, e stendervi sopra la metà della crema al caffè. Avanti così alternando negli strati (spennellati) le due creme. Fasciare col foglio d’alluminio un cartone tondo da pasticceri e porlo sopra all’ultimo disco, gravare con un peso e mettere la torta in frigorifero per 3 ore circa. Trascorso questo tempo, capovolgerla ben modellata sul vassoio di portata, spalmare intorno decorativamente ancora un po’ di crema al cacao, spolverare (per mezzo d’un setaccino) col trito d’amaretti e biscotti e trasferire nuovamente in frigo. Si degusta sempre fredda, affettata.
* i sei dischi si possono bagnare tutti anche all’inizio, ma il risultato è meno piacevole

Umberto Curti
Ligucibario & LiguvinarioStoria e tradizione della torta Sacripantina li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

venerdì 22 ottobre 2010

Pinolata (pignolata)



Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)50 g di armelline (mandorle amare) e 50 g di dolci, 2 albumi, 250 g di zucchero semolato, 1 presina di carbonato d’ammoniaca, pinoli italiani a volontà (200 g), burro per la tortiera

Preparazione (tempo 1 ora)
Battere mandorle e zucchero sino a ricavare una polvere fine, trasferire in un’ampia ciotola e aggiungere gli albumi sbattuti a neve e il carbonato, mescolando bene, lentamente, e ottenendo un amalgama denso. Con un cucchiaio deporlo dentro una teglia rotonda già unta di burro, livellarlo (spessore 2-3 cm) e ricoprirlo di pinoli a volontà (+ qualche fiocchetto di burro). In forno già caldo a 180° fino a quando acquisirà un colore dorato-ambrato. L’impasto può anche essere deposto dentro la teglia fasciata da pasta frolla, coi bordini alzati tutt’attorno e arricciati (usando i rebbi della forchetta), ottenendo una arcinota “torta della nonna”. In Liguria la più nota è forse quella dell'Aveto. L’abbinamento enologico, comunque, è sempre un passito a bacca bianca

Umberto Curti
Storia e tradizione della pinolata li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

giovedì 21 ottobre 2010

Latte dolce fritto

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)
1 l di latte vaccino intero, 3-4 uova, 120 g di farina fine, 120 g di zucchero, zest di limone grattugiato, 100 g di pan grattato, olio da frittura (abbondante), zucchero a velo


Preparazione (tempo… variabile)
Bollire brevemente il latte, quindi riversarlo lentamente dentro un’ampia ciotola con la farina. Mescolare bene col mestolo di legno. Quindi sbattere i tuorli delle uova insieme allo zucchero, e incorporarli al primo composto. Aggiungere il zest - che darà profumo e poi verrà tolto - e, rimescolando, lasciar cuocere a fuoco tenue una trentina di minuti, onde ricavare una crema densa, facendo attenzione che non s’attacchi. Farne uno spessore d’un paio di cm sopra un piatto da portata già bagnato o unto, e raffreddare (anche in frigo). Tagliare la crema a rombi, o altra forma preferita, passarla negli albumi sbattuti, poi nel pan grattato, e friggere in padella in olio caldo (d'oliva o monoseme). Quando dorano, impiattare i rombi coprendoli con un po’ di zucchero a velo. Il latte dolce entra anche nel grandioso fritto misto, come del resto mele, amaretti ecc.. L’abbinamento enologico suggerito è necessariamente un DOC Golfo del Tigullio Moscato, ma v’è chi predilige i passiti (a bacca bianca)

Umberto Curti
Storia e tradizione del latte dolce fritto li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com

mercoledì 20 ottobre 2010

Cubaita



Ricetta (ingredienti e quantità)Farina, acqua, albume, 4 hg di miele d’acacia o millefiori, 5 hg di nocciole (o noci), scorze d’arancia o di limone

Preparazione (tempo pochi minuti)Dolci antichi e natalizi dell’imperiese, a Siena prendono il nome di copate, ma qubbat significa in arabo “mandorlato”, infatti il dolce è presente anche in Sicilia, nel Salento, a Roma... Preparare alcune cialde – tipo ostie - semplicemente con acqua e farina in parti uguali, pochissimo sale, pochissimo zucchero, pochissimo albume a neve. Per il ripieno sciogliere un miele (delicato) su fuoco tenue, incorporando le nocciole e le scorze d’arancia, entrambe tritate non finemente. Ottenere un composto sodo e croccante, porlo fra due cialde e schiacchiare con un peso. Si possono incidere con pinze a dischetto, raffigurando stemmi ed altro. Un tempo la frutta secca si tostava sulle stufe, e il miele poteva essere zucchero caramellato. L’abbinamento enologico suggerito è sempre un passito a bacca bianca

Umberto Curti
Storia e tradizione della cubaita li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

Baci di Alassio (SV)




Ricetta (ingredienti e quantità)
750 g di nocciole (del Piemonte), 600 g di zucchero, 5 albumi (circa 150 g), 75 g di cacao amaro, 75 g di miele, 200 g di panna liquida, 200 g di cioccolato fondente


Preparazione (15-20 minuti tranne il riposo dell’impasto)
Tostare in forno le nocciole e pestarle con lo zucchero, poi unirle delicatamente agli albumi montati a neve, al cacao, al miele. Ottenere una pasta soffice, spalmabile. Colmare un sac à poche a punta rigata e colando il composto realizzare sulla teglia, foderata di carta da forno, delle roselline (diametro 4 cm) che riposeranno così una nottata e poi andranno in forno a 200° per una decina di minuti. Staccarle dalla teglia solo una volta freddate. Bollire la panna e unirvi il cioccolato fondente già sciolto a bagnomaria, omogeneizzando bene il tutto tramite una frusta. Con la crema, saldare due a due le roselline. Come noto, i baci di dama sono pastafrolle, con nocciola tritata finissimamente, saldate a freddo da cioccolato sciolto a bagnomaria – usando cacao amaro - , forse originarie di Tortona (1893, pasticceria Zanotti), nel Basso Piemonte alessandrino, se ne trovano anche in Liguria, ma sparsamente, ad es. a Sassello (SV). Il nome allude al bacio delle due semisfere e/o alla bocca, che mangiandoli pare baciarli. I baci di Alassio sono una storica e squisita ricetta di baci al cioccolato della Pasticceria Balzola, nel centro storico, non lontana dal celebre muretto degli artisti “ideato” da Ernest Hemingway e presso il quale s’incorona ogni anno una Miss. Li brevettò nel 1919 Valentino, maestro liquorista alle dipendenze della Martini&Rossi, poi li perpetuò degnamente il figlio Rinaldo, pasticcere alle dipendenze dei Savoia. L’abbinamento enologico è sempre un passito, stavolta anche a bacca nera

Umberto Curti
Storia e tradizione dei baci di Alassio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

lunedì 18 ottobre 2010

Cobeletti (gobeletti)

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)

400 g di farina '00', 250 g di zucchero, 1 tuorlo d’uovo, 150 g di burro ammorbidito, 1 cucchiaio di marsala, confettura (ad es. di pesche), un poco di latte


Preparazione (tempo 1,5 ora circa)

Cobeletti (gobeletti, cubeletti) significa piccoli cappelli, sono pasticcini ripieni di confettura. Realizzare velocemente nel modo consueto, a mano o nella planetaria, la pastafrolla (farina burro zucchero latte), arricchendola con l’uovo e il marsala. Se troppo soda, unire un goccio di latte. Fasciarla e riposarla un’ora in frigo. Stenderla poi a sfoglia non troppo sottile, 3-4 mm, e incidere con un coppapasta a rettangoli. Coi ritagli fasciare l’interno imburrato delle apposite formelle smerlate – tipo quelle da muffin - , diametro 3-4-5 cm (oppure creare con le dita dei coni capovolti). Farcire di confettura (attenzione: se troppa fuoriesce in cottura) e ricoprire con altra sfoglia pressando bene, anzi meticolosamente!, i bordi tutt’intorno. Tegame leggermente unto e forno già caldo ma tenuto un po’ basso, max 180°, per una decina o quindicina di minuti. Se piace, servirli con zucchero a velo. Ricorrono per Sant’Agata, il 5 febbraio. L’abbinamento enologico suggerito è sempre un passito, ad es. Pigato

Umberto Curti
Storia e tradizione dei cobeletti li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com

giovedì 14 ottobre 2010

Stoccafisso accomodato


Il trionfale stoccafisso accomodato

Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)


1 kg di stoccafisso già ammollato, 4-500 g di patate DOP Bologna, 2 cucchiaiate di capperi desalati, 150 g di olive (nere), 6 pomodori maturi (spellati e privati dei semini), 1 bicchiere scarso di extravergine, prezzemolo fresco tritato, 2 spicchi d’aglio di Vessalico tritati, 1 cipolla e 1 carota tritate, 1 bicchiere di vino bianco secco, sale q.b.

Preparazione (tempo circa 3 ore)

La ricetta è un pesce “conciato”, in addobbo, uno stufato in umido. Le patate vi entrarono – ovviamente - solo dalla fine del ‘700. Sbollentare 20 minuti lo stoccafisso (in acqua e qualche goccia d’aceto) per spellarlo e diliscarlo più agevolmente, quindi tagliarlo in tocchi. Sbucciare le patate e tagliarle anch’esse in tocchi. Nel coccio rosolare un trito di aglio carota cipolla prezzemolo, mescolando, e dopo qualche minuto unire i capperi, le olive e il pesce, infine la polpa di pomodori. Proseguire la cottura a fuoco moderato e coprendo col coperchio, via via sfumando con un poco di vino bianco secco. Dopo circa un paio d’ore unire le patate, sempre mescolando e aggiustando di sale, coprire e terminare la cottura, aggiungendo via via - ove occorra - un poco d’acqua. Il piatto si degusta caldo. La presenza di eventuali biete avvicinerebbe il piatto allo zimino, ma v’è anche chi in cottura aggiunge acciughe, pinoli, uvetta, funghi secchi… L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino, o – per la presenza del pomodoro - un DOC Ormeasco sciac-trà (rosato). Si rammenti, anche in senso organolettico, che lo stoccafisso (dono quattrocentesco delle Lofoten) è gadus morhua essiccato, il baccalà è gadus morhua sotto sale (peraltro il noto baccalà alla vicentina è in realtà stoccafisso...)

Umberto Curti
Storia e tradizione dello stoccafisso accomodato li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/




mercoledì 13 ottobre 2010

Tramezzino “zeneize” (genovese)



Il tramezzino zeneize ai Vinerdì di Ligucibario

Ricetta (ingredienti e quantità)

Pane in cassetta tagliato a triangoli, tonno sgocciolato, maionese, foglie di lattuga


Preparazione (tempo pochi minuti)

Semplice, ma squisito sandwich da bar, l’esecuzione richiede pochi minuti e non presenta difficoltà di sorta. Spalmare di un velo di maionese il pane in cassetta (eventualmente privato dei bordi), e disporvi sopra le foglie di lattuga precedentemente lavate e un tonno di buona qualità, sgocciolato (l’olio di conserva rende il tramezzino meno digeribile). Alcuni “rinnovano” la ricetta aggiungendo un trito di capperi desalati, tipo salsa tonné. Eviterei le uova sode in quanto sovrastate dagli altri sapori…L’abbinamento enologico prevede un bianco di valida acidità e sapidità, ad esempio un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta

Umberto Curti
Storia e tradizione del tramezzino zeneize li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

martedì 12 ottobre 2010

Pandolce genovese (basso)



Il profumato pandolce genovese basso
degustato nei Vinerdì di Robbiano e Ligucibario
in abbinamento allo Sciacchetrà della DOC Cinque Terre


Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)

Mezzo kg di farina 00, 150 g di zucchero, 175 g di burro, 2 uova (di più indurirebbero l’impasto), 50 g di miele d’acacia, mezzo bicchiere di latte intiepidito, 25 g di lievito secco in polvere, 200 g di uva passa sultanina, 100 g di zest d’arancia/cedro a dadini, 30 g di pinoli italiani, una presina di vaniglia, aroma di limone, semi di finocchietto, qualche goccia di marsala come nel fagoccio alassino (facoltativa)


Preparazione (1,5 ore)


Nella classica fontana di farina impastare zucchero, vaniglia, aroma di limone (in gocce, oppure la scorza grattugiata), uova, miele, burro ammorbidito, realizzando un composto omogeneo, anche aiutandosi con qualche goccia d’acqua tiepida. Premere sul piano di lavoro così da non creparlo. Unire il latte tiepido, poi “distribuire” uvetta, pinoli, zest, infine aggiungere il lievito e lavorare con cura amalgamando l’insieme. Modellare il pandolce un po’ come una pagnotta tonda e, su una teglia imburrata e spolverizzata di farina fine, metterlo in forno caldo (170-180°) per un’oretta – attenzione perché può cuocer fuori e restar crudo dentro - . Si mangia e si dona, ritualmente, a Natale. L’indomani è ancora meglio, e le fette avanzate si biscottano. La versione bassa, qui eseguita, sorta di pastafrolla da baking, è più recente dell’altra, che lievita col crescente naturale. L’abbinamento enologico è sempre un passito




Umberto Curti



Storia e tradizione del pandolce genovese (Genoa cake) li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

domenica 10 ottobre 2010

Ravioli alla genovese




I soavi ravioli
di una rosticceria di Genova

Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)
250 g di vitello magro, 4 mazzi di scarola (300 g), 1 mazzo di borragine (200 g), 100 g di maiale magro, 150 g di tettina bovina, 50 g di laccetti (animelle) * , 100 g di cervella, 30 g di schienali, 70 g di salsiccia, 4 uova e direi non di più, mollica di un panino inzuppata nel brodo, brodo (di carne), 3-4 cucchiai di parmigiano grattugiato, persa (maggiorana), sale q.b.
* il morbo di mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina) aveva ovviamente vietato le frattaglie e interiora di quinto quarto. Tenersi informati protegge la salute!

Preparazione (tempo variabile in funzione del riposo dell’impasto)
La farcia si prepara facendo bollire 5 minuti scarole e borragine già pulite e lavate, quindi strizzandole. Intanto si taglia a tocchetti tutta la carne (salsiccia esclusa) e si dora nel burro, unendo verso fine cottura – per ultimi – la cervella e i filoni (schienali) già puliti e ammollati. Porre tutto sul tagliere e tritare ben bene, poi battere nel mortaio, a questo punto aggiungere la salsiccia anch’essa sbriciolata a pezzetti e amalgamare in un’ampia ciotola con le uova sbattute, la mollica già inzuppata, una presa di parmigiano, la persa, il sale quanto basta. Mescolare accuratamente col mestolino di legno e far riposare al fresco, no frigo. Uno strato di farcia alto circa 1 cm va ora steso su una sfoglia sottile (mezzo kg abbondante di farina '0', 3 uova, un po’ d’acqua e un pizzico di sale), coprendo con un’altra sfoglia, anch’essa di giusta consistenza. Saldare, e ricavare con la rotellina i ravioli nella loro classica forma squadrata e dentata. Far asciugare un paio d’ore. Bollirli poco per volta (una decina di minuti max) in acqua salata, infine condire con tocco * di carne cotto 3 ore a fuoco lento (o sugo d’arrosto bianco) e parmigiano grattugiato. Se si fanno in brodo, vanno tagliati un po’ più piccoli. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC riviera ligure di ponente Rossese
* pezzo intero ("reale" di carne bovina), indica il sugo, nel quale appunto cuoce a lungo con aromi, sino ad acquistare un colore di oro. Le donne di un tempo lo facevano leggermente attaccare sul fondo, in quanto il sapore di “scutizzo” (bruciacchiato) non dispiaceva. Verrà filtrato prima di condire la pasta o i ravioli, e il pezzo – morbido e gustoso - sarà variamente utilizzato. Anticamente, a Capodanno il sugo si faceva con ossette di maiale, simbolo di ricchezza, e condiva anche polenta (balsamica nei mesi freddi)

Umberto CurtiStoria e tradizione dei ravioli alla genovese li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

Cima ripiena


Un'appetitosa cima ripiena


Ricetta per 6-8 persone (ingredienti e quantità)



1,5 kg di pancia di vitellone, 150 g di polpa, 100 g di tettina, mezza cervella (pulita a freddo), 2 testicoli, 1 animella * , qualche pezzo di filone (schienale) pulito a freddo, 50 g di burro, 8 uova (indispensabili), 2 carciofi, pinoli, 50 g di piselli, pistacchi verdi, parmigiano grattugiato (indispensabile), mollica di un panino ammollata in brodo, aglio, persa (maggiorana), sale q.b., 2 l di brodo vegetale.
In caso di dubbi o difficoltà, il rettangolo di pancia di vitellone e la carne del ripieno è bene le prepari il macellaio (che perciò deciderà anche il numero di uova).
* con animelle/laccetti a Genova s'intendono timo, pancreas e ghiandole salivari. Durante l'emergenza "mucca pazza" (encefalopatia bovina spongiforme) l'uso di gran parte del quinto quarto era stato ovviamente proibito


Preparazione (tempo 3 ore minimo)


Piatto pasquale, da “ricchi”, simile alla poitrine de veau farcie, si tratta di una delle esecuzioni più complesse del ricettario ligure, adatta per cuochi di una certa abilità, pazienza ed esperienza. Anzitutto dorare nel burro la polpa, la tettina, la cervella, i testicoli, l’animella e i filoni, quindi tagliare finemente polpa, tettina e animella, ed ancor più finemente cervella, testicoli e filoni. Porre ora il tutto in un’ampia ciotola da lavoro unendo i piselli, i pinoli, l’aglio tritato, la persa, le uova sbattute, i carciofi a fettine, la mollica, i pistacchi verdi sbollentati e affettati. Aggiustare di sale e incorporare abbondante parmigiano, mescolando con cura, lentamente, fino ad ottenere un composto omogeneo. Con esso (usando se occorre una brocca) farcire per tre quarti la tasca di vitello (in dialetto “lampo”), legando stretta col refe l’apertura alla sommità. Adagiare la cima in un brodo * appena tiepido e appena salato (anche fasciandola in un lino) e bollire adagio per una trentina di minuti, poi alzando la fiamma per ulteriori due ore, pungendola di quando in quando con un ago da materassaio affinché la farcia possa “crescere” senza scoppi e fuoriuscite.

La cima si scola e s’impiatta sia calda sia fredda (si raffredda alcune ore sotto un peso che la rende ovale), a fette non eccessivamente sottili, è consentita la “guarnizione” di salsa verde. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un IGT Colline Savonesi Granaccia
* v’è chi nel brodo aggiunge chiodi di garofano, alloro…

Umberto CurtiStoria e tradizione della cima ripiena li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

Minestrone di verdure


Il bel minestrone alla genovese (coi "brichetti")


Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)


400 g di pasta (in genere vermicelli, brichetti, maccheroncini rigati o lisci, tagliatelle, scuccusùn, corzetti), 150 g di cavolo cappuccio, 2 zucchine, 1 melanzana, 100-150 g di fagioli freschi sgranati, 50-100 g di fagiolini, 2 pomodori, 30 g di pinoli, 2 acciughe salate, un mazzetto di basilico/1-2 cucchiai di pesto genovese, 3 spicchi d’aglio, olio extravergine ligure, sale q.b.
Numerose varianti prevedono patate (se schiacciate addensano), piselli, zucca… Mai usare bietole


Preparazione (tempo 2 ore abbondanti)


Tagliare fine a listarelle il cavolo, e a dadini la melanzana, lasciandoli per un’ora nell’acqua. Poi bollirli in 2 litri d’acqua salata e dopo qualche minuto unire le zucchine a fettine, i fagiolini, i fagioli (benissimo i borlotti), i pomodori spellati, svuotati dei semini e tagliati anch’essi. Pestare e sminuzzare nel mortaio le acciughe, il basilico, l’aglio e i pinoli (+ eventuali funghi secchi ammollati), stemperando via via con olio e acqua tiepida. Dopo un paio d’ore buttare nel minestrone il battuto e la pasta prescelta, mescolando per una decina di minuti. Servire tiepido, senza sovrastarlo con troppo parmigiano.
Nota bene: se senza battuto, si può aggiungere a fuoco spento una cucchiaiata o due di pesto (preparato di solito senza pinoli). Il minestrone è un piatto in prevalenza primaverile e autunnale, salubre, NON prevede soffritti né lardo, quello che avanza si può l’indomani affettare e friggere.
Era la ghiottoneria number one con cui i catrai e le “spezzine” (trattorie galleggianti su chiatte) affiancavano le navi all’àncora nel porto di Genova: quei “soccorritori” si chiamavano Ruscin, Dria… Il segreto consiste, durante la lunga cottura delle molte verdure nell’acqua (all’inizio fredda, poi arricchita da un filo d’olio e da una crosta di parmigiano raschiata), nello schiacciarne via via una parte aiutandosi con schiumarola e cucchiaio, parte che ritorna in pentola “passata”, come addensante naturale, insaporendo il minestrone. Gradito da alcuni il sapore di “scutizzo” (bruciacchiato).
L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Val Polcevera Bianchetta



Storia e tradizione del minestrone di verdure li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/



venerdì 8 ottobre 2010

Focaccia col formaggio


Ricetta (ingredienti e quantità)

1 kg scarso di farina Manitoba/di grano duro, 500 g o anche più di crescenza veramente fresca, 4-5 dl di acqua, 120-150 g di olio extravergine ligure, sale q.b.


Preparazione * (tempo 15 minuti ma variabile in funzione del riposo dell’impasto)

Impastare due parti di farina con una di acqua (no sale) e ottenere col matterello due sfoglie veramente sottili e lisce, morbide, elastiche, che riposeranno coperte qualche ora (18-20°). Porne una in un tegame (di rame) già unto, cautelandosi che non resti aria sottostante. Spezzettare grossolanamente la crescenza (formaggio vaccino) e distribuirla – a mucchietti grossi come noci - sulla sfoglia, quindi chiudere sopra con l’altra sfoglia. Con la rotella serrare tutt’attorno i bordi, eliminare il surplus, e bucare la superficie ottenendo alcuni camini di circa 1 cm per far fuoriuscire l’umido. Una spruzzata conclusiva d’olio e sale, poi forno (ideale sarebbe quello a legna), fino a quando la focaccia apparirà dorata, non bruciata. Occorrono mediamente 5 minuti a 300°. I più tradizionalisti la cucinavano sulla ciappa utilizzando formaggi ovini. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Golfo del Tigullio bianco
* da quando la cosiddetta "focaccia di Recco col formaggio" è divenuta IGP (nella foto il marchio identificativo), un disciplinare che alcuni anni fa ha generato qualche situazione controversa, ne vincola la preparazione ai soli Comuni di Recco, Avegno, Camogli, Sori. Pertanto, al di fuori di questi, è vietato usare espressioni legate al toponimo, compresa la dicitura "tipo Recco"

Umberto CurtiStoria e tradizione della focaccia col formaggio li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com

giovedì 7 ottobre 2010

Torta Pasqualina




Il "sistema solare" delle uova nella torta Pasqualina di una rosticceria, Genova



Ricetta per 6 persone (ingredienti e quantità)


Per la sfoglia: 800 g di farina (50% di '00' e 50% di una farina forte), 2 cucchiai d’olio extravergine ligure, acqua, sale q.b.
Per la farcia: 1,5 kg di biete (ancor meglio ove unite ad altre erbette), ¾ di una ricotta (o prescinseua), 8 uova, 1 bicchiere d’olio extravergine ligure, 60 g di burro, 100 g di parmigiano grattugiato, persa (maggiorana) tritata, sale q.b.


Preparazione (tempo 2,5 ore)


Ti propongo un'esecuzione "difficile", con parecchie sfoglie (benché 33 non significasse gli anni di Cristo, bensì 3 sfoglie sopra e 3 sotto...).
Lavorare la farina con acqua, olio e sale, ottenendo un amalgama soffice e liscio. Dividerlo in una dozzina di parti, da conservare coperte al fresco, un’oretta. Le bietole, pulite da ogni “scarto”, tagliate molto fini vanno in casseruola con un minimo d’olio e sale, senza cuocerle troppo perché poi ripasseranno in forno. Tolta l’acqua, condirle con parmigiano, sale e persa (non eccedere), dopo di che "sciogliere" e lisciare la ricotta o la prescinseua con una frusta onde non presenti grumi. Con il matterello, dalle parti di impasto ricavare dei “veli” di sfoglia sottilissimi e adagiarne uno sul fondo unto di un tegame tondo da torte (diametro 30 cm), ungerlo e via via, procedendo così, porre sopra altre cinque sfoglie. La sfoglia si allunga con le mani ed è normale che l’eccesso fuoriesca dal tegame. Non ungere l’ultima sulla sommità, che ora riceve l’amalgama delle biete. Spruzzare d’olio e riversare sulle biete la crema di ricotta o la prescinseua sciolta. Livellare e ricavare col dorso di un cucchiaio 8 “avvalli” (goghe) in ciascuno dei quali scocciare e tuffare in bellavista – con un fiocchetto di burro – un tuorlo intero, formaggio e sale. Spalmare tutta la superficie con gli albumi. Distendere sulla torta i sei ulteriori veli di sfoglia, sempre unti, soffiando sotto con una cannuccia per ondularli, prima di terminare tagliando (con coltello o forbice) il surplus laterale e sigillando tutta la pasta sui bordi a mo’ di cordoncino. Spruzzare ancora d’olio, sforellare, infornare un’oretta scarsa a forno non aggressivo (170°). La Pasqualina si degusta calda, tiepida o fredda, ma non tagliarla mai da calda. L’abbinamento enologico suggerito per quest’antica “gattafura” * è ad es. un DOC Colli di Luni Vermentino
* che ovviamente, per stagionalità, non poté nascere di carciofi... Il termine "cappuccina" potrebbe riferirsi a pasqualine in cui la prescinseua è mescolata anziché sovrapposta alla farcia, ma non v'è certezza...

Umberto Curti
Storia e tradizione della torta Pasqualina li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/




martedì 5 ottobre 2010

Torta di riso (rossa)



La filologica - e squisita - torta di riso rossa di
una sciamadda, Genova

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)3 hg di riso, 400 g di farina per le sfoglie * , 2 cucchiai di extravergine ligure (no burro), 200 g di prescinseua, 15 g di funghi secchi ammollati in acqua tiepida, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato, salsa di pomodoro, cipolla, prezzemolo, sale q.b.
* suggerisco sempre 50% farina '00' e 50% farina di forza

Preparazione (tempo 1 ora abbondante)

Bollire il riso in acqua salata, colarlo al dente, e soffriggerlo nell’olio con un trito fine di cipolla, prezzemolo e funghi. Rimestare con cura per qualche minuto, togliere dalla fiamma e unire il formaggio e un poco di salsa di pomodori (alcuni aggiungono 2-3 uova). Rimestando ancora regolare di sale e lasciar freddare. Intanto confezionare nel modo consueto – con farina e acqua - quattro sfoglie sottili sottili. Stenderne due sul fondo di un tegame unto. Versarvi sopra il composto, alto un paio di cm e ben livellato, e poi lo strato di prescinseua. Coprire con le restanti due sfoglie e serrare tutt’intorno realizzando a mano con la pasta traboccante un bordino arricciato. Aspergere nuovamente d’olio tutta la torta e infornarla per circa 45 minuti, di cui 30 minuti a 240° e 15 minuti a 200°, cautelandosi affinché non secchi (ognuno si basi sul proprio forno). S‘impiatta tiepida, tagliata a rombi… L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Colli di Luni Bianco. Genova era nell’Ottocento la capitale dell’export di riso. Questa torta, infatti, si presenta in Liguria in molteplici varianti (non sempre “povere”), bianca (senza il pomodoro), dolce… Quanto al ricettario nazionale, è citata anche dall’Artusi (1891)

Umberto Curti

Ligucibario

Storia e tradizione della torta di riso rossa li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomiaLe più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

Coniglio alla ligure



Metti un Vinerdì... il coniglio alla ligure
"rivisitato" da Robbiano e Ligucibario

Ricetta (ingredienti e quantità)
Un coniglio (giovane) di peso 1,5 kg, 4-5 cucchiai d’olio extravergine, 1-3 foglie di alloro, timo o persa (maggiorana) q.b., 1 cipolla tritata, mezza costa di sedano tritata, 1-2 spicchi d’aglio, 1 cucchiaio di rosmarino, pinoli, 2 gherigli di noce, brodo di carne (testa e fegato di coniglio), 100 g di olive nere liguri in salamoia, 1-2 bicchieri di Dolceacqua, sale q.b.


Preparazione per 4 persone (tempo 1 ora abbondante circa)

Coniglio alla carlona, stufato, in umido, alla ligure, quanti nomi per una ricetta! Si pulisce e si taglia a grossi pezzi il coniglio tenendo da parte testa e fegato. Lo si lava sotto l’acqua e si sgocciola. In un coccio soffriggere a fuoco tenue in olio la cipolla, l’aglio, il sedano, i pinoli, le noci e gli odori (nel ponente fra gli odori si usa anche lo steccadò, un’erba aromatica simile alla lavanda). Quando dorano unire i pezzi di coniglio, regolando di sale e innaffiando col Dolceacqua, sino a farlo via via evaporare. Intanto in poca acqua con gli immancabili alloro-carota-sedano bollire testa e fegato (e le reni) dell’animale per una trentina di minuti, poi spolpare la testa e tagliare minutamente il fegato (alcuni soffriggono il fegato anziché bollirlo). Unire al coniglio in cottura, sempre a fuoco tenue, e usare il brodo per bagnare via via, affinché i pezzi restino umidi e non s’attacchino. A due terzi della cottura aggiungere anche le olive e terminare l’esecuzione. La polpa dovrà separarsi bene dagli ossi. Il piatto si serve col proprio sugo e “spolverato” di olive, con polenta di contorno. Ottimo come ragù, in Valle Arroscia con aggiunta di nocciole. L’abbinamento enologico migliore implica ovviamente il vino di cottura, qui il Dolceacqua. Se si usasse il Pigato, idem Pigato

Umberto Curti

Ligucibario

Storia e tradizione del coniglio alla ligure li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomiaLe più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

Polpettone (di patate e fagiolini)




Il polpettone, Genova

Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)
300-400 g di fagiolini novelli, 500 g di patate di buona qualità, 100 g di parmigiano o grana padano grattugiato, 3 uova, 100 g di prescinsêua, funghi secchi ammollati in acqua tiepida e tritati, mollica ammollata nel latte, 1 spicchio d’aglio tritato, 1-2 cucchiai di persa (maggiorana) fresca tritata, olio extravergine ligure, pan grattato, sale q.b., no origano
Preparazione (tempo 1 ora circa)
Pulire e bollire i fagiolini (tenendoli sodi), scolarli e tritarli non finemente. Soffriggere un attimo in olio l’aglio e metà maggiorana (taluni usano prezzemolo) e dopo circa un minuto insaporirvi i fagiolini. Bollire le patate, spellarle e passarle nel passatutto. In un’ampia ciotola unire ora tutti gli ingredienti (con la restante metà di maggiorana), regolando di sale e ricavando un amalgama omogeneo, non troppo sodo, da stendere in un tegame dal fondo già oliato (con la mano o col pennello). Livellato e spolverato di pan grattato, il polpettone entra in forno a 180°-200° per circa 30 minuti secondo il forno. L’uso delle melanzane conferisce una nota più amarognola. L’abbinamento enologico dello "s-ciattamaio" è ad es. un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta

Umberto Curti
Storia e tradizione del polpettone genovese li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/

venerdì 1 ottobre 2010

Panissa (con la cipollina)



Le panissette in bignè ideate per i Vinerdì
da Ligucibario




Ricetta per 4 persone (ingredienti e quantità)


250-300 g di farina di ceci, ½ cipolla bianca, olio extravergine, 1 l circa d’acqua (l'impasto è leggermente più denso rispetto alla farinata), sale marino e pepe q.b.


Preparazione (tempo 1 ora circa)


In una casseruola antiaderente porre la farina di ceci e versarvi lentamente tutta l’acqua intiepidita, mescolando con una frusta bene e senza pause – come una polentina - , onde sciogliere la farina. Aggiustando di sale, porre su fuoco moderato sempre stemperando, piano piano, circa 40-50 minuti (si può operare anche a bagnomaria). Infine versare il composto, semidenso, in un piatto ampio (unto d’olio), affinché si raffreddi. La ricetta prevede di tagliare la panissa a fiammifero, condirla con un olio non troppo delicato, regolare di sale e pepe e “sovrastarla” con la cipollina tagliuzzata finemente (o con biete stufate). La panissa è un antico piatto quaresimale. E’ simile alle panelle palermitane di cui narra il compianto Vincenzo Buonassisi, ma non va confusa con la paniccia, che è viceversa un risotto con fagioli e cavoli tipico di Vercelli e Novara (paniscia) in Piemonte. L’abbinamento enologico suggerito è ad es. un DOC Val Polcevera Bianchetta, o addirittura un IGT Colline Savonesi Lumassina spumante

Umberto Curti
Storia e tradizione della panissa li trovi nell’Alfabeto del Gusto di Ligucibario, il sito dedicato al made in Liguria e all’etnogastronomia
Le più importanti parole relative a vino, formaggio, pasticceria, pasta, salumi, olio, birra e cucina (compreso un focus specifico sulla cucina araba) le trovi nel Lessico delle Arti Alimentari, sempre su http://www.ligucibario.com/